18 Ottobre 2018
di Riccardo Lancioni
da Geopolitica.info
La risposta del Generale
La realtà nel teatro siriano è molto complessa. Israeliani, statunitensi, francesi e inglesi hanno dato prova di poter colpire ovunque con armi stand-off senza timore di ritorsioni. Il Generale Sergei Kuzhugetovich Shoigu, ministro della difesa della Federazione Russa, ha deciso di modificare gli equilibri di teatro giustificandosi con la recente perdita. Non vi sono dubbi riguardo l’appoggio presidenziale alle iniziative dei militari ma Putin ha scelto di non farsi carico personalmente, almeno a livello d’immagine, di tali responsabilità. La prima e più immediata mossa, è stata procedere al jamming dei radar, dei sistemi di navigazione e di comunicazione satellitare di qualsiasi velivolo, che si trovi nello spazio aereo siriano o nel Mediterraneo nord orientale diretto ad effettuare strike in Siria. Non bisogna sottovalutare l’importanza di questa misura di guerra elettronica infatti le forze russe possono limitare molto l’efficacia delle aviazioni alleate grazie a questo strumento. Di gran lunga più importante a livello strategico è però la concessione ad Assad del sistema S-300. Il complesso missilistico è tecnologicamente allo stato dell’arte e garantisce la difesa anti-aerea e anti-missile a lungo raggio. Secondo il ministro della difesa di Mosca i siriani sono equipaggiati con il sistema di controllo fuoco e identificazione friend/foe attualmente in uso nelle unità russe e mai esportato prima. Tale gesto è una rarità nella condotta di affari all’estero da parte di Mosca che ha spesso venduto armamenti ad uno standard tecnologico inferiore, e a volte di molto, a quello delle proprie forze armate. Già i complessi anti-aerei Pantsir S1 per la difesa a corto raggio avevano aumentato le capacità difensive di Damasco ma ora con un sistema tanto potente e avanzato gli si permette non solo di contrastare sciami di missili cruise ma anche di colpire aerei nemici a grande distanza. Shoigu ha concluso il suo breve secondo comunicato dicendosi fiducioso che le misure prese contribuiranno a tenere più al sicuro il personale militare russo calmando le “teste calde”, non lasciando dubbi sul destinatario.
Uno scacco a Isreale
Quali sono le reali prestazioni degli S-300? Capaci di colpire aerei e missili nemici a più di 240 km una batteria schierata nei pressi di Damasco potrebbe ingaggiare bersagli ben oltre Nazareth, il lago di Tiberiade in quasi tutto il nord di Israele. Per la IAF il cielo siriano non sarebbe più un’area di semi-libero sorvolo e strike ma piuttosto proprio gli aerei con la stella di Davide verrebbero individuati e potenzialmente abbattuti ben al di qua dei propri confini nazionali. Limitazioni operative totalmente inaccettabili per lo stato ebraico. Il 10 febbraio scorso si verificò l’abbattimento di un F-16 israeliano da parte della contraerea siriana, in tale occasione il ministro della difesa di Israele, Avigdor Lieberman, aveva dichiarato: “Se qualcuno spara ai nostri aerei noi li annienteremo”. Parole che vennero seguite da una notte di raid israeliani in tutta la Siria, particolarmente importanti furono le missioni di Suppression of Enemy Air Defences (SEAD). Eventi che visti in prospettiva fanno prevedere un’automatica e soverchiante risposta nel caso aerei israeliani vengano nuovamente ingaggiati dai siriani. Gli F-35 potrebbero essere la migliore risorsa di Israele contro gli S-300 in virtù della loro quasi nulla tracciabilità radar ma le missioni di SEAD sono sempre molto rischiose e con l’elettronica disturbata dai russi tali costosissimi aerei verrebbero a trovarsi in seria difficoltà.
Cosa può succedere
John Bolton, National Security Advisor di Trump, ha definito la consegna ai siriani del sistema russo una “significant escalation”. Uno scontro è possibile, se non probabile, e Mosca sa di non poterselo permettere, per quanto concerne la scarsa capacità russa di alimentare un grande sforzo all’estero. Consegnare armi tanto potenti ad un attore come Assad sembra dunque una mossa folle. Un precedente storico potrebbe però fornire una chiave di lettura degli eventi così da non lasciarsi ingannare dalle apparenze. Durante la guerra d’attrito, 1967-1970, erano i “consiglieri” sovietici ad azionare i radar e i missili dell’esercito egiziano. Uno stratagemma che potrebbe rivelarsi altrettanto efficace al giorno d’oggi. Il Cremlino dunque controllerebbe direttamente gli S-300, decidendo quando e se ingaggiare gli aerei alleati ma assicurandosi allo stesso tempo la possibilità di negare il proprio coinvolgimento nell’azione e scaricando ogni responsabilità sui male addestrati siriani già colpevoli per l’abbattimento dell’Il-20. Non vi sono dubbi sulla pericolosità di un tale approccio da parte di Mosca infatti per quanto i missili si trovino già in Siria passerà ancora del tempo prima che diventino operativi. I leader dei due paesi sanno che per i rispettivi interessi strategici è vitale non ostacolarsi vicendevolmente e in ultima analisi risulta più probabile che la mossa russa sia volta a ristabilire la propria autorevolezza e non a sgretolare i buoni rapporti con Israele. È infatti vitale per il Presidente Putin mantenere alta la credibilità delle proprie forze armate soprattutto nel teatro siriano dove da esse dipende il mantenimento al potere di Bashar al-Assad. Per Netanyahu è invece necessario lo spazio aereo di Damasco per colpire gli iraniani e le loro basi nel paese, da qui la volontà reciproca di arrivare a “colloqui in tempi brevi” come annunciato negli ultimi giorni.