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Trade war e Mar Cinese Meridionale: le tensioni tra Cina e USA

09 Ottobre 2018

di Lorenzo Termine
da Geopolitica.info

L’ultimo anno

Dopo un’iniziale e apparente intesa tra gennaio e aprile con Pechino, nel maggio 2017 il Presidente Trump ha autorizzato la sua prima Freedom Of Navigation Operation (FONOP) nel Mar Cinese Meridionale a cui ne sono seguite nei mesi successivi altre cinque (Obama ne aveva autorizzate lo stesso numero ma in otto anni), che hanno provocato le proteste del governo cinese. A giugno, inoltre, il segretario della Difesa James Mattis ha aspramente criticato la militarizzazione del Mar Cinese Meridionale allo Shangri-La Dialogue.

Il punto di svolta è stata, però, l’estate del 2017 quando la Corea del Nord ha condotto i due test di ICBM (4 e 28 luglio), a cui è seguito il test nucleare di settembre con cui Pyongyang ha, probabilmente, ottenuto capacità termonucleari. Da quel momento, infatti, le critiche dell’Amministrazione Trump alla Cina sono aumentate raggiungendo un nuovo apice a dicembre in seguito al test dello Hwasong-15, il nuovo missile intercontinentale nord-coreano. La pubblicazione della US National Security Strategy 2017 non ha certamente migliorato i rapporti tra i due paesi, causando aspre critiche da parte dei leader cinesi, ribadite anche in occasione della pubblicazione della Nuclear Posture Review 2018 e della National Defense Strategy 2018. Per far gravare sulle spalle cinesi maggiori costi e punirla per i suoi metodi economici, l’Amministrazione americana ha, infine, deciso di ricorrere agli strumenti commerciali iniziando la trade war con barriere tariffarie dal valore di 3 e 50 miliardi di dollari.

 

L’ultimo mese

Fin dall’inizio della guerra commerciale, Donald Trump ha mostrato chiaramente l’intenzione di attuare misure sempre più dure contro l’economia cinese. Durante l’estate, Trump ha, quindi, approvato il National Defense Authorization Act per il 2019 che permetterà all’Amministrazione un controllo più stringente sugli investimenti stranieri negli USA e sui trasferimenti di tecnologia e che, da subito, è stata interpretato in funzione anti-cinese. Successivamente, ha annunciato e poi imposto (26 settembre) un dazio del 10% su circa 200 miliardi di dollari di prodotti cinesi che è previsto arrivi al 25% nel gennaio 2019 e che, quindi, innalzerà considerevolmente il peso delle barriere tariffarie. La risposta di Pechino non si è fatta attendere: il governo cinese non ha aspettato l’entrata in vigore della nuova misura e ha imposto un dazio tra il 5 e il 10% su una lunga lista di prodotti americani per un valore complessivo di 60 miliardi di dollari (18 settembre).

Pur con minor impatto, un’altra misura che ha aumentato la tensione tra le due potenze è stata la decisione della Casa Bianca di multare la Commissione Militare Centrale, l’organo cinese di vertice per la politica di difesa e la strategia militare, per aver acquistato alcuni sistemi d’arma dalla Russia, soggetta a sanzioni per aver interferito nelle elezioni presidenziali americane del 2016. Pechino, che ha sollevato insieme a Mosca un coro di proteste, aveva acquistato nel 2017 dieci caccia SU-35 e una prima batteria di S-400, missili anti-aereo e anti-missile. Degli ultimi giorni è la notizia che l’Amministrazione Trump sta valutando anche la sospensione dei permessi di studio negli USA per gli studenti cinesi.

Durante lo scorso mese, però, il dossier più bollente è stato quello del Mar Cinese Meridionale (MCM). Nell’area, considerata dalla leadership comunista un interesse vitale di sicurezza nazionale, si è assistito nelle scorse settimane ad un crescente traffico di navi e piattaforme non cinesi che hanno allarmato Pechino.

All’inizio di settembre, la Gran Bretagna ha condotto una FONOP per rivendicare la piena fruibilità del MCM portando una classe Albion diretta in Vietnam al limite delle 12 miglia nautiche che delimitano le acque territoriali rivendicate da Pechino e scatenando dure critiche da parte del governo cinese.

A metà di settembre, un cacciatorpediniere sud-coreano, sembrerebbe per evitare una tempesta, si è inoltrato fino a 12 miglia nautiche dall’arcipelago delle Paracels, area rivendicata, occupata e militarizzata dalla Cina. L’evento non ha suscitato eccessivo malcontento nel governo di Pechino che si è limitato a rimarcare la necessità della propria approvazione per entrare nell’area.

Alla fine di settembre, la tensione è cresciuta notevolmente in occasione dell’esercitazione di Giappone e Gran Bretagna e della settima FONOP della Marina degli Stati Uniti. Dopo un’esercitazione congiunta nell’Oceano Indiano, infatti, Tokyo e Londra hanno portato la porta-elicotteri Kaga e il cacciatorpediniere Inazuma insieme ad una fregata classe “Duke”, diretta nella penisola coreana, pericolosamente vicino al MCM. Immediatamente, Pechino ha portato un gruppo di elicotteri e una nave nella zona per monitorare i movimenti.

Durante lo stesso giorno, un cacciatorpediniere classe Arleigh Burke (USS Decatur) ha condotto la settima FONOP dell’Amministrazione Trump entrando nelle 12 miglia dalle isole Spratly rivendicate e, parzialmente, occupate dalla Cina ma contese con Taiwan, Vietnam, Brunei, Malesia e Filippine. L’operazione sarebbe terminata come di consueto se una nave da guerra cinese non si fosse avvicinata pericolosamente (40 metri secondo le notizie divulgate finora) al cacciatorpediniere americano costringendo la Decatur ad una manovra di evasione per evitare la collisione (secondo quanto riportato da fonti della Marina USA). L’acuirsi delle tensioni tra i due paesi ha portato alla cancellazione dell’incontro tra il Segretario alla Difesa USA, James Mattis, e il Ministro della Difesa cinese, Wei Fenghe.

Come rilevato, l’ultimo mese segna il punto più basso delle relazioni tra Cina e USA dall’insediamento dell’Amministrazione Trump. Monitorare attentamente gli sviluppi dei due dossier menzionati, ma non solo, sarà una priorità per gli analisti come per l’Esecutivo italiano, impegnato nella costruzione di una maggiore intesa sia con Pechino che con Washington.