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L'ESISTENZA DELL'EUROPA - Il contributo di Maurizio Melani

17 MARZO 2020

Le sfide attuali e le risposte necessarie dell’UE

di Maurizio Melani

Il flagello sanitario che sta colpendo l’Italia, l’Europa e il Mondo interviene su corpi già provati con diverse intensità da una crisi ormai più che decennale. Per alcuni, come la Cina, si è trattato del rallentamento di una crescita impetuosa negli anni precedenti fino all’arresto improvviso delle ultime settimane. Per altri, situazioni di stagnazione o di crescita del tutto anemica stanno diventando di recessione più o meno marcata in presenza comunque di gravi disagi sociali, di aumento delle diseguaglianze e di contrazioni dei livelli di benessere e di fiducia nel futuro. E’ questa la situazione in cui si trova l’Europa.

La priorità assoluta va data all’aspetto sanitario e alla cooperazione da sviluppare in questo campo ai livelli europeo e mondiale. E’ urgente che all’Unione Europea siano fornite le competenze e le risorse necessarie  a realizzare quel che gli Stati membri non possono fare o fanno insufficientemente da soli.

Immediate sono anche le gravissime conseguenze economiche dell’epidemia in corso alle quali occorre fare fronte. Questa esigenza si aggiunge all’enorme impegno finanziario richiesto dal contrasto ai cambiamenti climatici, posto dalla Commissione come una priorità caratterizzante, tenendo anche presente la necessità di preservare una biodiversità le cui mutazioni dovute alle conseguenze del riscaldamento globale non sono probabilmente estranee alla diffusione dell’attuale epidemia con il rischio che altre possano svilupparsi.

Questo stato di cose ripropone più che mai per l’Unione, ed in particolare per l’Eurozona, la necessità da tempo evidenziata di una capacità fiscale comune, e quindi di spesa, di acquisizione di risorse proprie e di ricorso al mercato dei capitali con capacità di garanzia delle relative obbligazioni.

Le vicende attuali confermano infatti che in relazione alle sfide cui sono confrontati i paesi europei la risposta nazionale è insufficiente o è comunque condizionata da problemi correlati soprattutto all'ammontare dei debiti sovrani dei singoli stati membri.

Tra le esigenze determinate da tali sfide vi sono:

- la realizzazione di un programma di investimenti pubblici ad alto moltiplicatore nelle infrastrutture, per l'innovazione e per la conoscenza, in grado di contribuire a far crescere la domanda aggregata con il conseguente indotto di investimenti privati e al tempo stesso di stimolare e facilitare il miglior funzionamento e l'efficacia dei fattori dell'offerta, nonché di sviluppare quali beni comuni settori cruciali come quello sanitario;

- il sostegno ad una politica industriale basata sull'innovazione che sia coerente con il Green Dealannunciato dalla Commissione e voluto dal Parlamento Europeo anche quale nuovo volano di crescita;

- l'istituzione di una assicurazione europea per la disoccupazione ed altri interventi di protezione sociale per contrastare povertà e disagi, con particolare riguardo a quelli in campo sanitario, assieme all’adeguamento dell’istruzione e delle capacità professionali alle nuove esigenze nella produzione di beni e servizi;

- la partecipazione ad un sistema di garanzie nell'ambito dell'unione bancaria che vada oltre o integri il "bail in";

- il contributo in termini finanziari alla gestione dei flussi migratori e delle frontiere esterne sostenendo i paesi di transito e di primo arrivo, l’equa distribuzione dei richiedenti asilo e la loro integrazione ed inclusione;

- la cooperazione con i paesi di origine e di transito delle migrazioni, diretta a sostenere rimpatri volontari e assistiti, a gestire canali di migrazione legali, ad orientare in tali paesi una crescita più inclusiva, equilibrata e sostenibile, a contrastare i danni ambientali, ad affrontare efficacemente i temi della salute, la questione demografica e l'empowerment della componente femminile, a sostenere istituzioni e capacità di governo dotate di legittimazione democratica e in grado di gestire i processi di sviluppo;

- il contributo ad una parte delle spese per la sicurezza, la difesa e la gestione delle crisi e dei conflitti, in una prospettiva di progressivi processi di messa in comune e condivisione di assetti, capacità, acquisizioni e relativa base industriale per il perseguimento di una autonomia strategica, pur nell’ambito dell’Alleanza Atlantica, come ripetutamente affermato in diverse conclusioni del Consiglio Europeo ed avviato con la costituzione de Fondo Europeo di Difesa e di un meccanismo per il coordinamento delle acquisizioni.

Tale lista non è tassativa né esaustiva ma le sue dimensioni e articolazioni potranno essere oggetto dell’intesa tra gli Stati Membri che lo vorranno.

Questo sforzo comune richiede una capacità di spesa comune, e quindi un bilancio comune. Se specifico dell'Eurozona esso andrebbe separato da quello dell'Unione (pari attualmente a circa l'1 % del Pil dell'UE) ed essere ad esso parallelo. La sua gestione andrebbe affidata ad un centro di responsabilità politica in un contesto di condivisione di sovranità riguardo alle specifiche competenze individuate e di controllo e decisione da parte del Parlamento Europeo ma con una specializzazione e una partecipazione differenziata rispetto alle competenze riferite all'Europa a 27. Tale bilancio dovrebbe essere in grado anche di garantire obbligazioni europee (eurobonds) per il finanziamento di iniziative nei settori considerati, senza mutualizzazione dei debiti nazionali il cui assorbimento deriverebbe gradualmente anche dalla crescita indotta da quegli investimenti.

Si tratterebbe quindi di una capacità fiscale che affianchi quella monetaria, la cui esigenza è stata ripetutamente evidenziata dall’ex-Presidente della BCE Mario Draghi, accanto ad un rafforzato ruolo della BEI nella raccolta del risparmio e nell’erogazione di finanziamenti.

Si tratterebbe in altri termini di uno strumento che contribuisca ad evitare errori di politiche pro-cicliche, come quelle del Presidente americano Hoover e del Cancelliere tedesco Bruning dopo la crisi del 1929, o risposte assai diversa da quella degli Stati Uniti date dall’Unione Europea ai seguiti della crisi del 2008-2009 con la giustificazione dello scarso spazio fiscale dovuto all’alto livello dei debiti sovrani di alcuni paesi membri.

In relazione alle competenze, tale capacità di spesa dovrebbe essere di alcuni punti del Pil dell'Eurozona. Su questo tema, seppure in forma alquanto generica, si sono espressi alcuni dei Governi italiani succedutisi negli ultimi anni, nonché il Presidente francese Macron che non ha però a lungo trovato la necessaria sponda dal lato tedesco.

Per questa capacità occorrerà fare ricorso a risorse proprie attingendo ad almeno una parte della tassazione delle multinazionali ICT nell'ambito anche di una perequazione o quanto meno armonizzazione dell'imposizione fiscale sui proventi delle società tra i paesi dell'Eurozona, nonché dell’imposizione su ciò di cui vanno limitati l’impiego industriale e i consumi ai fini della transizione energetica.

Si tratta certamente di un compito non facile. Necessita di visione e di capacità di elaborare tecnicamente progetti per la sua realizzazione, Esso va tuttavia perseguito con determinazione, con gli strumenti già previsti dai Trattati vigenti o con strumenti nuovi tra chi li voglia in un contesto di integrazione differenziata ma aperta ad una progressiva inclusività.

A questo scopo andrà impostata una robusta iniziativa politica, costruendo bene le necessarie alleanze e il sostegno delle opinioni pubbliche e della società civile, con gli opportuni coordinamenti in ambito G7, OCSE e G20.

La recente lettera congiunta dei Ministri delle Finanze di Francia, Germania, Italia e Spagna sembra andare nella giusta direzione cosi come molti degli orientamenti espressi dalla Commissione europea e da alcuni Stati membri soprattutto dopo l’esplosione dell’attuale emergenza sanitaria.

 

16 Marzo 2020

 

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